Quella sera ricordo che gli mandai un messaggio.
“Stasera mi spiace, ma devo rinunciare al nostro appuntamento.”
Mi giravano talmente tanto le palle che lanciai il telefono sul divano, avevo disdetto con Lui per una giornataccia che mi aveva fatto desiderare con tutta me stessa, uscita da lavoro, una fermata in erboristeria e una chiamata alla mia amica “ti aspetto alle 22 per film e popcorn”. Quando una donna si ferma in erboristeria con il malumore più o meno è come quando uno fa la spesa che ha fame. Le erboriste se ne accorgono e con quel loro fare da crocerossina ti vendono anche tua madre, che non ti serve perchè ce l’hai e anzi ti avanza pure.
Tornai a casa verso le 20, nemmeno mi preparai la cena inizia a impiastricciarmi. Decisi di iniziare dalla buffa maschera per capelli, solida, attaccata ad un bastoncino, che andava sciolta lentamente in un barattolo di acqua bollente; questa operazione poteva richiedere fino a cinque minuti, dicevano le istruzioni. Mentre la giravo, la cosa solida si scioglieva, prima oleosa, poi sempre più bianco-gelatinosa, acquisendo la consistenza che qualsiasi donna sciocchina come me avrebbe accostato a… si si, lo state pensando pure voi, vi vedo.
Una volta sciolta, rimasi in reggiseno e pantaloni, per non sporcare la maglia, e iniziai ad impiastricciare questo composto di cui tutti abbiamo capito la consistenza sui capelli.
Bene, sembravo appena uscita da una gang bang.
A quel punto, nell’attesa dei venti minuti di posa, misi anche la nuovissima maschera per il viso al mirtillo e menta, che uno lenisce, l’altra rinfresca.
La maschera cominciò presto a bruciare l’epidermide come fosse acido, per cui andai di corsa a toglierla, mi finì negli occhi e mentre ero lì a maledire me e le mie idee zen suonò il citofono, la mia amica era arrivata, meno male. Aprii la porta e tornai in bagno, mezza cieca, con i capelli impiastricciati e la maschera che mi aveva arrossato a chiazze il viso, sentii la porta sbattere, andai verso l’ingresso e. E. E Lui era li, davanti a me, seminuda, con la faccia a pois e i capelli che manco fossi uscita da un giro di bukkake.
Era andata così: “stasera mi spiace, ma devo rinunciare al nostro appuntamento.” Mi giravano talmente tanto le palle che lanciai il telefono sul divano, ma senza curarmi che il messaggio fosse inviato, quindi, Lui, ignaro venne a prendermi, citofonò e sentondo aprire senza dire “scendo” salì.
Scoppiò a ridere. Si girò e se ne andò, imbarazzatissimo.
Non lo rividi mai più, e dopo aver passato due giorni dico due a cercare di lavare via quella maschera dai capelli non rividi mai più nemmeno quella stronza di erborista.