Questa è la volta buona

Il Mioamico cominciò ad uscire con Lei. Una ragazza molto carina, seppur a mio dire un po’inquietante, un po’ alla Christina Ricci ma quando fa Mercoledì. Il Mioamico era convinto di volerla conquistare ad ogni costo. E così fu, si mise di grande impegno finchè un giorno di Settembre, aprendo facebook, pubblicò la foto un po’ hipster, del divano di casa sua da cui cadeva giù, come una cascata di petali colorati, una gonna gitana piena di disegni floreali.

Il Mioamico l’aveva conquistata, a furia di Sailor Moon, Lamú e altra roba giapponese che tanto li avvicinava.

Passavano le serate a  parlare di cinema, di letteratura orientale e di tutte quelle robe che piacevano tanto a loro, bevendo birra, fumando e facendo l’amore.

Lei la notte smontava da lavoro e correva da lui. Una volta lui si era addormentato, Lei suonò il campanello, ma il Mioamico non sentì perso nei suoi sogni, dove lei sicuramente era la protagonista. Lei gli portò il muso per una settimana per quella mancanza. Il Mioamico non vide in questo alcun segno di follia, ma anzi, lo fece ancor più innamorare e correrle dietro.

Passarono settimane, andarono al mare, andarono in montagna, andarono in collina. Parlavano, si baciavano, si amavano.

Passarono mesi e Lei cominciava a farsi sfuggente ma lui era sempre più innamorato e non ci dava peso. Una sera, il Mioamico la portò a cena fuori, in un posto romantico, di quelli dove il cameriere ti versa da bere e tutti ti danno del lei. La guardava convinto di aver trovato il diamante raro che aveva tanto cercato. Ordinarono del buon vino e un ottimo filetto alla Rossini, perchè loro prendevano sempre la stessa cosa al ristorante, avevano il solito gusto. Tornarono a casa, fecero l’amore sul divano di quella foto che con discrezione diceva ai suoi amici e al mondo che si stava innamorando, si coccolarono, poi Lei si rivestì e andò via sorridendogli.

“mandami un messaggio quando arrivi a casa”.

Non si videro mai più.

Il Mioamico seppe qualche giorno dopo che Lei si era trasferita a Tokio.

#2

Poco più che ventenni, escono, limonano ogni tanto. Una sera Lui la guarda dritta negli occhi, socchiude gli occhi, le accarezza il contorno del viso e parla:
“sai, saresti la donna della mia vita… se fossi più magra”.

#1

“Amica sono ingrassata! Mi alleno un sacco e sono ingrassata!!!”
“Mmmmm” disse lei cercando una risposta il più rassicurante possibile: “IL CORTISOLO! Deve essere colpa del cortisolo! Me lo ha detto l’amica che lavora in palestra. È quell’ormonemerda che ti fa ingrassare se ti alleni troppo 🙄”
“Ah. Fico. 😌

C’è qualcosa di grande, tra di noi

“Pronto? Ehi amica, si. Ieri sera.. eh, bomba. Sisì, certo, è stato molto gradevole, direi che va dritto al sodo… nonono, sono convinta.. solo che… no, non fare così, non sono io che cerco il pelo nell’uovo… smettila, sono convinta. È che… si, guarda è difficile anche dirtelo.. nono, lì sotto tutto ok, davvero.. è una cosa più….”

Eccomi li, al telefono con la mia amica, a cercare di raccontarle la mia ultima avventura sessuale. Ultimamente dice che sono diventata nevrotica nel trovare difetti difficili da percepire ai più. Ma sono certa che stavolta non possa non darmi ragione. Insomma, lui è un uomo decisamente avvenente, è vero che è un difetto che vedo solo io, ma appunto, io so che c’è. Non è mica poco. Mi vergogno anche a raccontarglielo, mi sento così superficiale… ma lui ha questo enorme..

“Si, amica, si, ha degli occhi molto belli, lo ammetto, ma non è questo il punto. Si, abbiamo cenato, mi ha portata in un posticino carino, molto intimo e romantico. Bello eh, niente da dire… senti non è vero che ho la voce di quella che non è convinta. Mi piace si. Solo che ha… lo so, anche il nome è molto bello..”Niente, lei rifiuta che uno come lui possa avere un difetto. Poco da fare. Io non riesco a dirlo e lei no mi aiuta… “insomma, Amica, Lui ha questa cosa.. sisi, ora te lo dico, insomma, lui ha questo… cioè, in testa, sulla nuca… lui ha….”

“Che vuol dire un bozzo?? Come un bozzo?? Un bozzo sulla nuca tipo un bernoccolo? Tipo un tumore? Ah…. oh che schifo, ma lo hai toccato? Certo, immagino, quando lo hai baciato… ma come è molliccio???? Sarà mica un’angioma? No vero? Ma non si vede al di fuori… insomma, per tutti sarà normale, se questa cosa è  sotto i capelli… Tesoro, lui è gentile, ti fa stare bene, davvero per un bozzo vogliamo fare saltare tutto? Nono, capisco. Certo che schifo. ma tipo gelatina? Bleah. Ohiohi, ma dai, non si sta a guardare queste cose. Tu mica sei perfetta.. lo so che non hai bozzi. lo so. Dobbiamo capire l’entità di questa cosa, magari è solo un bernoccolo. Magari si asciuga. Ah si, è vero, se non ha avuto dolore al tatto forse è una cosa che sta li da sempre. Magari si può togliere!!”

Eccola lì, la mia amica che tenta disperatamente di darmi torto, mentre io so bene, anzi benissimo che è atterrita quanto me. Che metafora di vita: a volte i difetti devi cercarli, devi tastare bene il terreno, non bisogna fermarsi alla struttura visibile. Come quello che aveva tre capezzoli. Non che io lo abbia visto, ma successe ad una mia amica. E che vuoi fare?  Vuoi dirle che invece non è un problema avere tre capezzoli? E ora lei si sta tanto affannando, per darmi contro, per non lasciare andare sto marcantonio, ma sappiamo entrambe che sta ringraziando i santi che non sia capitato a lei, il fico con la nuca bozzata. Perchè intendiamoci, quel difetto è li. IO lo so. E ora lo sa anche lei. E adesso questa cosa è reale, perchè ne stiamo parlando. Potevo fare finta di nulla prima, ma non certo adesso che c’è una testimone. Il difetto è lì. Molliccioso e bozzoloso.  Lei sta provando con molto amore a convincermi che quella cosa sta sotto i capelli e che nessuno lo vedrà mai. Ma è come avere un cadavere sotterrato in giardino. Nessuno lo vede, ma tu lo sai che è li. È una questione di coscienza.

“Amica io non lo so se si può asportare chiurgicamente, non so nemmeno se è un alien. Potremo fare che non ne parleremo mai più, ma sappiamo che in ogni discorso uscirebbe la parola bozzo, nascosta tra le righe. Tipo: -dovrei smetterla, magari l’ab..bozzo- oppure peggio -faccio la carbonara con il Barbozzo invece che con il guanciale… lo so che non useremmo mai la parola barbozzo, ma cerca di capire il punto! Onestamente non lo so. Mi ha fatto un po’senso. Mmmmmmmboh. Lo so che è sono una stronza, ma non credo lo rivedrò mai più”

L’amore al tempo di “petaloso”

Ne è passato di tempo, ormai quasi è un ricordo lontano, si parla di talmente tanto tempo fa che “petaloso” nemmeno esisteva come parola e, con tutta probabilità, nemmeno il suo inventore era nato.A quei tempi, tempi duri eh, si avevano molti amici, ovvero persone per definizione con cui ti confidi, ridi e con cui non vai a letto, perchè a quel tempo, nemmeno la parola “trombamico” esisteva. E si creavano amicizie davvero profonde che sarebbero durate negli anni.

Erano tempi molto noiosi, in cui a volte uscivi con gli amici, altre volte con quello che ti piaceva, altre ancora con quello a cui piacevi tu, e in rarissimi casi, con quello che ci si piaceva tutti e due.

Erano tempi duri, dove un amico era un amico e se all’amico poi piacevi, ma tu non te ne accorgevi e lo continuavi a trattare da amico nessuno poteva additarti, perchè la parola “friendzone” non esisteva, neppure quella.

E noi, poveri ragazzi, andavamo avanti, nelle nostre scoperte, nei nostri amori, nei nostri dolori, senza sapere che cosa ci stesse succedendo, perchè le parole per incasellare queste sensazioni non erano ancora state inventate. E succedeva, disgraziatamente che gli amici restavano amici, che quando l’amica ci faceva notare che lui si era innamorato di noi, noi non ci sentivamo libere di continuare a fargliela credere, perchè nessuno ci poteva dire “oh tranquilla, è friendzonato, affari suoi”. Succedeva che quello che ci portavamo a letto era quello che ci portavamo a letto, anche se non ci stavamo insieme, sentendoci così delle ragazzacce sovversive, che il fidanzato no, ma il sesso si.

Erano tempi difficili, senza zone di comfort, senza alibi emotivi, tempi duri, dove se si faceva le cretine con tutta la scuola, la mamma ti diceva che poi ti facevi una pessima nomea, che non si levava più di dosso. Averlo saputo che invece poi la parola “rizzacazzo”, che no, non esisteva allora, avrebbe sistemato tutto.

Erano tempi oscuri, quelli, tempi di grande incertezze, di timidezze, di lunghe, lunghissime telefonate, chè ancora la parola “chattare” non era nemmeno pensata.

Erano tempi difficili, dove si usciva con le amiche dopo la scuola e le minigonne o gli shorts non li mettevamo tutte in serie perchè la parola “fashion victim” ancora non sapevamo che sarebbe stata inventata.

Noi eravamo così, noi vestivamo come si stava comode e le lotte erano con la mamma perchè “non ti vesti mai da femminuccia”, non perchè “quella gonna è troppo corta”.

Erano davvero tempi difficili, si. Talmente difficili che non saprei proprio essere ragazzetta in questi anni qui.

Marzo

Febbraio è volato, come ogni anno, un po’ sciocco arriva Marzo, che mi sorprende mentre mi sto asciugando dalla pioggia battente ed incessante, prima di prendere l’ultima medicina.Mi dice, accendendo il phon per aiutarmi, che quest’anno non mi porterà viaggi oltreoceano, ma cene piene di amici, una bimba tutta nuova, dei concerti interessanti, barbe incolte, felpe rosse, letti gialli, abbracci di frescolana e, mentre continua a fare la lista, io lo guardo da sotto l’aria calda che mi spettina i capelli. E rido.

Ben arrivato mio caro Marzo.