Ero in vacanza. Anche lui era in vacanza. Si sa che quando due persone si conoscono in ferie succede un casino, soprattutto se queste persone scoprono di abitare nella stessa città: fa subito magia, fa subito “le cose che abbiamo in comune sono quattromilaottocentocinquanta”. Mi affascinò il suo… non lo so che cosa, ma aveva un nonsochè che non so e che credetimi, oggi, dopo i fatti che sono a raccontare, proprio non so.
Passeggiammo per la città, il sole settembrino scaldava l’aria senza aggredire. Tutto, ma proprio tutto suonava la melodia del “tempo delle mele”. Lui si mostrava premuroso, gentile, educato e soprattutto un gran signore, nonostante non mi offrì mai nemmeno un caffè. Con questo non voglio certo dire, da donna emancipata e indipendente, che sia un problema che un uomo si faccia offrire cene e aperitivi da una donna, ma non prendiamoci in giro, almeno un caffè fa piacere che venga offerto.
Passammo dei giorni idilliaci, di piacere, di risate e divertimento. Lo presentai all’amica che era in vacanza con me, la quale lo vide come una persona estremamente piacevole, anche se notò immediamente che le scroccò le sigarette con la scusa del “poi le compro e te le ridò”. Ma chi è che si fa ridare le sigarette? E soprattutto ma chi è che restituisce le sigarette??
La vacanza finì, tornammo a casa. L’aria di fine estate si fece autunnale, la nostra frequentazione proseguiva, con sempre più interrogativi. Si mostrava una persona estremamente gelosa di ogni mio amico, mostrava una punta di aggressività talvolta.
Arrivò presto il giorno fatidico, quel giorno dove un mio carissimo amico tornò da un viaggio durato mesi. La voglia di reincontrarlo e abbracciarlo era forte. Ne parlai con Lui, gli diedi appuntamento al solito locale, dove poi avrei incontrato il mio amico di vecchia data. Storse il naso, mi avvertì che non avrei dovuto essere gelosa semmai lui avesse avuto strani comportamenti. Non capii, ma annuii.
Quella sera arrivò rapida, ricordo nitidiamente il mio amico, che aspettavo come si aspetta la primavera dopo un freddo inverno. Parlammo un sacco. Li presentai. Superata la mezzanotte Lui dette il meglio di sè come i Gremlins, cominciando a trasformarsi in un essere immondo ed estremamente ridicolo. Preso da un impeto di gelosia tentò la carta del fare ingelosire me. Iniziò dunque a fare il marpione con una donna, famosa per essere la poverina del locale, perennemente ubriaca. Mentre io e il mio amico ridevamo attoniti alla vista di tale spettacolo imbarazzante (un tango barcollante), Lui si innervosiva ancora di più. E più si innervosiva più si rendeva ridicolo, assecondando ogni attimo questa pantomima.
Ora io non voglio entrare nel merito della scelta di fare ingelosire una donna in questo modo, perchè per quanto immaturo possa essere è una scelta del singolo. Ma caro uomo che mi stai leggendo, il mio consiglio è di scegliere almeno una donna all’altezza del compito, o quanto meno che sappia camminare dritta.
Ormai Lui aveva ai miei occhi le sembianze di un mostriciattolo verde, aggrappato alla sua liana decisamente precaria. Non mi rimaneva che finire la serata a quattrocchi portandomi dietro le cesoie.
Seguì una discussione raccapricciante, dove urlò molte cose davanti alla mia faccia annoiata. Non mi mosse di un passo, la stima nei suoi confronti ormai era solo un ricordo di una stagione passata.
Capii però che io ero diversa, capii che per me esistevano cose imprescindibili su cui mai poter passare sopra. Capii soprattutto che avevo imparato ad amarmi e che la stima che provavo per me stessa non poteva essere messa in discussione da nessuno. Capii che meritavo.
Meritavo di non vederlo mai più.