Lui era un giocatore di football americano. Forte, giovane e.. niente. Forte e giovane. Lo incontrai in un locale, ero li per sbaglio, i miei amici ballavano e io ero al bar. Si avvicinò e attaccò discorso. Mi invitò il giorno dopo a bere un caffè, per fare due chiacchiere, disse, visto che lì la musica era alta. Accettai.
Il giorno dopo in quel bar, mi chiesi per tutta quella lunghissima ora cosa lo spinse a voler parlare con me senza musica, considerando che i suoi contenuti erano decisamente privi di qualsiasi appeal. Mentre lui continuava a parlare di sport, azioni, allenamenti, decisi di concentrarmi sull’orlo della manica della t-shirt che abbracciava il bicipite, silenziando la sua voce. Dalla sera stessa iniziò a riempirmi di sms a cui a malapena rispondevo, giusto per cortesia. Dal weekend successivo iniziò ad essere nei posti che frequentavo. Alcuni sabati dopo, nonostante un totale disinteresse da parte mia me lo ritrovai ad una festa in un locale molto di moda in quegli anni. Io ero li con il mio migliore amico. In quegli anni ero solita essere spesso sbronza… alle feste. E dunque parte dei fatti che sono a narrarvi sono giunti fino a noi dall’attenta sintesi del mio migliore amico.
Torniamo alla festa, dove ci stavamo divertendo, la musica era anni ’90. Brindavamo e ballavamo. Ballavamo e brindavamo. Allo shottino numero… boh, si palesò il nostro sportivo con un sorriso smagliante e un abbigliamento decisamente troppo giovane per il freddo che faceva. Era evidente che non fosse un ambiente adatto a lui, nè tantomeno ai suoi amici, che se lui era giovane, ma lo nascondeva i suoi amici sembravano appena usciti dai Goonies. Decisi di non dargli confidenza, andando a salutare altre persone che si trovavano nel locale. Qualche ora dopo, a festa quasi finita il mio amico tornò da uno dei suoi giri ridendo con sottobraccio niente di meno che il giocatore di football. Il ragazzo aveva bevuto troppo, ma soprattutto era stato lasciato premeditatamente da quegli stupidi ragazzini nel locale, avendo prima parcheggiato nei pressi di casa mia (va resa una nota di merito alla genialità del piano, studiato a tavolino nel pomeriggio).
Era l’ora di tornare a casa e nonostante io trovassi più saggio lasciare lì lo sparuto giovane, il mio amico non se la sentì e lo caricammo in auto con noi.
Durante il viaggio, mi viene raccontato, che insistevo nel dire che avrei fatto la brava con questo giovane virgulto tutto addominali e pettorali, mi dicono che lo continuassi a ripetere ossessivamente nonostante lui fosse nell’abitacolo con noi. Arrivammo sotto casa mia e il mio migliore amico ci lasciò dicendo “ allora io sono sereno: farai la brava”. Annuii e andai verso il portone, quando il gagliardo giovincello mi implorò di dargli dell’acqua, poichè aveva bevuto eccessivamente e non si sentiva di mettersi alla guida. Alzai gli occhi al cielo, come potergli dire di no? Sapevo che avremmo dovuto lasciarlo al locale, ma ormai era sotto casa mia e in qualche modo mi sentivo responsabile.
Una volta in ascensore, chiuse le porte, l’ormone sì tanto giovane mi travolse come un’onda in piena, mi avvolse, mi fagocitò. Arrivammo al pianerottolo che ormai ogni dubbio morale era sparito. Mi prese, mi incollò al muro e mi possedette. Fu così che 89 I ascese all’Olimpo dei miei amanti. Parlammo un po’, dopo. Poco, fin quando mi annoiai, insomma. Andò a letto, felice e gioioso di quella conquistata che tanto bramava.
La mattina successiva il mio amico si svegliò, prese il telefono e lesse un messaggio “Cazzo. Non ho fatto la brava. Ma non lo rivedrò mai più”.