Baci a pioggia

Per molti andare ai matrimoni da soli dove non si conosce nessuno è motivo per declinare l’invito.

Non per me. Per questo fui felice di accettare, quando la mia amica disse che le avrebbe fatto piacere se io fossi stata lì a guardarla, splendida, innamorata, mentre andava all’altare.

Se qualcuno ti invita al suo matrimonio, è evidente che per quella persona sei importante, magari più di quanto realmente pensassi. Non l’avrei mai delusa, nonostante conoscessi solo la sposa.

Andare ad un matrimonio dove non conosci nessuno è una cosa assolutamente divertente, per una come me, che attaccherebbe bottone anche con i muri.

Poco dopo, infatti, chiacchieravo agilmente con questa e con quello.

Da lontano un Uomo Barbuto catturó la mia attenzione, in abito gilet e cappello. Un mix tra un dandy e uno dei membri dei Mumford & Sons, ma, subito dopo, attiró la mia attenzione la sua fidanzata che mi fissava con lo sguardo pazzoide. Le sorrisi. Non ricambió.

La festa andó avanti tra balli cibo e canti, quando uscii per fumare una sigaretta. Iniziai a parlare con un nuvolo di fumatori, anche l’Uomo Barbuto si unì a quel circolo di tabagisti. Via via che i fumatori finivano la loro sigaretta, rientravano. Rimanemmo soli, io e l’Uomo Barbuto. Parlammo in maniera circostanziale di musica, il suo outfit rispettava pienamente il suo stile musicale, lontano dal mio. Guardammo il cielo, minacciava pioggia, feci l’ultimo tiro e rientrai, incrociando la sua fidanzata che, come una iena inferocita attraversava la porta per andare, probabilmente, verso la sua preda da finire.

Fu inevitabile, per me, girarmi e sbirciare fuori dalla sala, dove si stava consumando un ring degno di scommesse, se solo avessi conosciuto qualcuno con cui poterle fare. Mi si avvicinó il fotografo, il quale sembrava uscito da un cartone animato: “hai fatto un bel casino!” Cosa?? Chi? Io? “Si, tu. Lei è gelosa.” No lei è pazza. È diverso.

Ci fu il taglio della torta, l’Uomo Barbuto era solo, ci mise poco ad avvicinarmi. “Fumi?”

“Si…”

“Tieni offro io.”

Uscimmo. Gli dissi che non avevo potuto fare a meno di notare che era rimasto solo. Pare che lei avesse preso l’auto e se ne fosse andata, nella notte, durante un matrimonio. Pare che fossero in crisi da tempo. La sigaretta finì, continuammo a parlare passeggiando. Ridemmo. I suoi occhi erano sereni, nonostante fosse stato appena piantato lì, i suoi occhi erano lieti ed era evidente che fossero così, perchè i suoi occhi stavano guardando me.

Sotto un cielo ottembrino che minacciava pioggia, l’Uomo Barbuto mi appoggió al muro del casolare e mi bació. Mi bació appassionatamente, mi bació con la brezza che si alzava lentamente, le nuvole che si accarezzavano, come lui accarezzava i miei capelli. Cominció a piovere, continuammo a baciarci. Aumentó sempre di più la pioggia su di noi. Eravamo quasi fradici quando si staccó dalle mie labbra per prendermi la mano e portarmi dietro l’angolo di quel casolare.

“Qui ci sono le stanze. La mia stanza. Sali?”

Pensai per un attimo. Pensai alla neo ex. Pensai che era stato il bacio più romantico della mia vita. Pensai alle beghe che ne sarebbero derivate.

Gli sorrisi, scossi il capo, gocciolando pioggia dalla testa.

Mi sorrise. “Capisco. Sei una tosta” disse apprezzandomi. Mi lasció il suo numero.

“Vado a casa” dissi. E feci una corsa sotto la pioggia, ridendo.

Non si videro mai più, ma ogni volta che piove, loro, ancora oggi, guardano fuori dalla finestra, sorridono e abbassano lo sguardo, sapendo che una bella serata di pioggia come quella, non la vivranno mai più.

Dicembre 2.0

Novembre è partito, ha messo in fila le carte per il suo collega Dicembre, che non tarda a battermi la mano sulla spalla. Dicembre è stato sempre “quello del Natale”. Quello del Grinch, quello di Scrooge.

Quest’anno Dicembre sorride. Quest’anno Dicembre, non spaventa, non angoscia, non ha più quel potere di farmi sentire sola. Ho costruito. Ho costruito cose buone e ho distrutto. Ho distrutto senza pietà ció che andava inesorabilmente distrutto. Mi sono circondata di bene. Ho scelto per me il meglio. Ho escluso ció che era tossico. Mi sono riedificata. Il benessere, è vero, non è altro che la volontà stessa di voler star bene, partendo da se stessi, destrutturandosi con dolore e fatica.

E l’albero di Natale, improvvisamente, non è più un nemico.

Eccomi a casa

Non si può piacere a tutti. Io ho avuto la sfortuna di non piacere alla maggior parte della mia famiglia. Ci sono voluti molti anni per superare questa cosa. Quando non piaci a qualcuno a cui dovresti piacere di default ti senti sempre l’esclusa e l’abbandonata. E giù complessi che non ti permettono di vivere serenamente. Fortunatamente però, io una famiglia me la sono costruita nel tempo, un branco sgangherato, che mi ha fatta sentire protetta, che mi sostiene ogni giorno e che mi sceglie ogni giorno. Fortunatamente (e lo dico oggi, con leggerezza) le persone tossiche, quelle che ti fanno sentire sbagliata, quelle che ti fanno sentire sempre giudicata e mai libera di esprimere te stessa, perché te stessa non gli piace proprio, se ne sono andate da sole. Come una magia, dove all’inizio rimani perplessa, dove ti senti spaesata, ma poi, giorno dopo giorno, ti rendi conto che erano come un veleno che ti entrava nelle vene, con la loro rabbia, la loro perfidia, il loro opportunismo costante e incontrollato.

Successivamente la loro sparizione graduale io sono migliorata. Questo mi ha portata a riflettere su una cosa importante. L’ambiente. Il nostro ambiente. Quello che viviamo tutti i giorni. Per essere sereni (sereni, non felici, perché è la serenità quella che va conquistata ogni giorno) è necessario partire dalla pulizia del proprio ambiente. Finchè non si avrà il coraggio di rendersi conto che alcune persone sono tossiche, non si riuscirà mai a vivere serenamente, poiché il loro male invaderà e toccherà ciò che tentiamo di costruire.

Pulire il proprio ambiente è fondamentale, riuscire a distaccarsi da chi ci fa male, schermare chi ci fa sentire inadeguati. Questa, a mio parere, è la base per poter mettere fondamenta solide per la nostra esistenza, per la nostra serenità, per quei picchi di felicità che ci meritiamo.

Ho messo i primi mattoncini. Sarò una casa bellissima. Sarò la casa che voglio essere.

Settembre 2.0

Agosto pieno di mare, di grotte, di mostri malvagi e di eroi buoni chiude i battenti, lasciandomi tra le braccia di Settembre, dolce come i fichi e fresco come l’autunno.

Settembre mi carica di lavoro, di cose da fare, ma sa compensare con regali inaspettati e abbracci sicuri. Settembre, con la sua camicia rossa e blu mi sorride, mentre riempie la mia casa di persone nuove e belle, di calore, di persone collaudate e di serenità. Mentre io non me ne accorgo, come un carpentiere, butta le basi per il nuovo autunno.

Così mi affaccio alla finestra aspettando che la montagna diventi rossa e gialla, il gatto mi passa sotto il mento sul davanzale, l’aria è fresca.

Com’è buono il profumo dell’autunno.

Agosto 2.0

Luglio si congeda con un sorriso di tenerezza, un abbraccio che viene da lontano. Luglio è stato molto buono con me, mi ha protetta, mi ha addolcita e mi ha rasserenata. Adesso lascia spazio ad Agosto, che un po' mi spaventa, che un po' mi preoccupa, anche se continuo a ripetermi che andrà tutto bene, anche se non posso proprio saperlo. Agosto, con il suo cappello di paglia, é allegro, vacanziero, pronto con la maschera da snorkeling. Sono diversi anni che Agosto non è più quello di quando ero ragazzina. Gli sorrido, nonostante ancora io non sappia se potermi fidare. Lo faró lentamente, giorno dopo giorno, con un po'di attenzione in più. Intanto, comunque, al mare ci vado, mi butteró e nuoteró. Alla fine si vedrà.

Luglio

Giugno mi ha portata al luna park. Sulle montagne russe mi ha fatto fare diversi giri, tanto da sentire i vuoti d’aria e la paura delle discese per poi risalire con l’ansia della nuova caduta verso il basso. Giugno è stato emozionante, che dire, mi ha congedata con un pensiero di speranza, di serenitá. Di possibilità. È con questo lascito che Luglio entra in casa, con una serenità riscoperta, dove io ho ritrovato il mio centro assoluto, dove ho risentito le mie radici piantate nel terreno. Luglio mi abbraccia mi sorride e mi guarda negli occhi con sincerità. E io voglio godermelo, oggi. Domani si vedrà.

Flash tutto sommato è un supereroe

Avevo appena 25 anni, ho sempre avuto l’attitutidine ai toy boy, infatti, quella sera dovevo vedere un 22enne. Non ero granchè convinta, anche perchè per raggiungere l’oggetto del mio desiderio (?!?) dovevo fare più di quaranta minuti di macchina. Mi faceva profondamente fatica, ma poi, non poteva venire lui? Ma siccome era un periodo di magra sessuale, pensai di non essere nella posizione di tirarmela. Pensai che alla fine un po’ di sana salsiccia non mi avrebbe fatto male. Per cui mi misi in auto, con l’idea di tornare presto.
Lui non era questo granchè, ma da una rapida liaison, lasciata a metà tempo addietro, sapevo che era ben messo, che poi era l’unico motivo per cui avrei affrontato quei quaranta minuti di auto e musica di mercoledì.
Arrivai nel parcheggio dell’appuntamento alle 21 spaccate, mi infilai nella sua scomodissima auto e come un gatto mi zompò addosso. “niente male, proprio niente male” pensai durante i preliminari spinti, “ci siamo, mi levo qualche soddisfazione, sisi, bravo proprio così. Oh ci siamo” entrò dentro di me, con una gran bella soddisfazione iniziai a lasciarmi andare, iniziai ad ascoltare il mio corpo, che, in festa, stava cominciando a divertirsi sul serio.

“AH.OTTIMO -.-”

Dunque:è vero che volevo tornare presto, ma così era decisamente troppo presto. Due minuti. Due. La durata dell’atto sessuale fu più breve di una canzone di Tenco.
Iniziò a scusarsi, a dire che non sapeva proprio come poteva essere successo -certo, come no- che gli dispiaceva -beh, almeno datti da fare diversamente- quando squillò il suo telefono. Sua madre. “non allarmarti tesoro” iniziai a tirare su gli slip “siamo al pronto soccorso perchè tuo padre urina sangue” iniziai ad allacciare i pantaloni “cerca di venire, ma vedrai non sarà grave” scossi i capelli e misi il rossetto.
“Sarà il caso che tu vada. Io torno verso casa, oh, fammi sapere eh, ma vedrai che saranno calcoli ai reni”.
“E se è un tumore?”
“Ma no, stai tranquillo.”
Scesi dall’auto. Rimontai sulla mia. Accesi la radio. Quaranta minuti dopo ero a casa. Imprecai. Andai a letto.

Erano calcoli ai reni.
Non lo vidi mai più.

Marzo

Febbraio è bene che faccia le valigie e le faccia presto. Come un ladro ha rubato molto, in soli ventotto giorni. È riuscito a prendersi progetti, lavori, persone, la mia barba preferita, persino la mia gatta. No. No Febbraio, non mi mancherai. Non ti guarderò andare via con il coltello sporco del mio sangue, mi siederò e aspetterò il rumore della porta che sbatte, senza nemmeno un ciao.

Marzo profuma di frittelle, ha la sciarpa a righe colorata, il borsalino e si siede vicino a me, strusciando il naso sulla mia guancia. Ma io sono arrabbiata e non ho voglia di smancerie. Marzo mi mette una mano sugli occhi e quando la toglie siamo in cima ad un dirupo, con il paracadute sulle spalle. Ho paura e sono stanca di emozioni così nevrotiche.
“Stai tranquilla biondina, non devi saltare per forza, ma nel caso ti annoiassi, sai come fare.”
Guardo il panorama mozzafiato, da quassù è bellissimo. Guardo Marzo, con i suoi occhi scuri sorridere e lanciarsi cadere all’indietro, nel vuoto. Io invece rimango qua, sul ciglio, a godere il sole, a guardare l’infinito. Respiro profondamente per fare entrare tutto quel verde e quel cielo nei polmoni.
Respiro profondamente. Ancora. Ancora. Ancora. E ancora.

Principe o Principessa?

Maledetta Disney, quante volte lo abbiamo detto e ripetuto?
Siamo state bambine e come bambine abbiamo visto i cartoni della Disney. Tutte queste principesse in attesa del principe azzurro.
Maledetta Disney, siamo cresciute, ma non abbiamo smesso di sognare, di sperare, di innamorarci e di rimanere deluse perchè Lui non si comportava proprio per nulla come questo o quell’altro principe.
Nessuno che ci abbia salvate, nessuno che abbia combattuto contro alcun drago, ma anzi spesso, nemmeno il guizzo di prenotare un ristorante.
Povere noi, povere principesse deluse.
Ebbene, superati i 30 ho capito che no. Non sono una principessa, nè tantomeno esiste il mio principe. Però, c’è un però.
Potrebbe essere che abbiamo sbagliato prospettiva? Ovvero, non è tanto quanto noi ci sentiamo la principessa, ma quanto ci piaccia il principe?
Magari la donna che da bambina adorava Biancaneve è una donna che ama stare in cucina e attende un uomo che non muove un dito per lei, eccezion fatta per il ciuccione che la rianima.
O forse la bambina che agognava di essere Cenerentola (esistono bambine che adorassero pulire e lavare per le sorellastre? è una favola un pò sfigata no?) aspetta un uomo che non ha alcuna voglia di cercarla, ma anzi, manda addirittura il valletto a far provare la famigerata scarpetta.
E di Ariel? che mi dite della Sirenetta? La prima principessa crocerossina, con un principe da salvare che si fa circuire da un’altra sciacquetta.
Comunque, l’unico principe emancipato, che faccia davvero qualcosa per la propria principessa è e rimane Filippo.
L’unico tra tutti i principi a correre in mezzo ai rovi, brandendo la spada contro il drago. Un principe pronto a sposare una contadinella, anche se poi gli dice culo che è proprio la principessa.
Filippo è il principe che non ha paura dei propri sentimenti e non ha paura di affrontare i pericoli per arrivare a limonare la sua donna sopita.
Ovviamente la mia principessa preferita è Aurora, de La bella addormentata nel bosco.
E mi sono resa conto poco prima di scrivere questo pezzo, che il mio uomo ideale è proprio il principe Filippo, impavido, buffo, fuori dagli schemi, ma che sa quello che vuole e se lo prende.
Può, dunque essere, che io abbia sempre saputo quale fosse il mio uomo ideale, fin dalla tenera età, ma che non avendolo associato alla mia favola preferita sia uscita con una schiera di principi di qualcun altra?
Ovviamente ancora il mio Filippo non l’ho trovato, starà forse danzando in un bosco con la principessa sbagliata?
Nel frattempo io, me ne sto qua a sonnecchiare, prendendo di tanto in tanto qualche pesce, da ributtare dopo in mare per non rivederlo mai più.

Febbraio

Tra nobiltá e borghesia, investigatori e sociopatici, ragazzini e paranormale, avvocati fraudolenti e segretarie innamorate, rapita dalle mie serie tv sotto un bel plaid giallo, accoccolata ai miei cani con la pioggia che bussa sul tetto, assaporo la serenità.
Dalla cucina mi raggiunge Febbraio con due tisane bollenti e un sorriso che rimette al mondo lo spirito. Metto la tv in pausa.
Febbraio si sdraia con la testa su di me e gli accarezzo dolcemente il viso. “Stai bene, biondina?” Si, rispondo. Sprofondo un po’ la testa sul cuscino, sento le labbra distendersi in un sorriso silenzioso e spontaneo.
Premo play, curiosa di vedere una nuova puntata della mia serie preferita.