Ottobre❤️

Settembre gentile e profumato indossa il borsalino per lasciare spazio al mio adorato Ottobre. Sicuramente arriverà, a momenti. Lo so per via del colore della montagna, che piano piano si tinge di autunno. E io lo aspetto, mi sistemo bene davanti allo specchio, i capelli ben pettinati, l’abito blu pulito e profumato. Suona alla porta, non lascio staccare il dito dal campanello che giá ho aperto la porta, come una ragazzina innamorata aspetta il ragazzino dei suoi sogni. Ottobre è lì, con il suo meraviglioso sorriso, la giacca marrone, l’adorabile maglione rosso e una sciarpina gialla, che tira vento e in questa stagione il mal di gola è in agguato. Ottobre è lì e io lo abbraccio. Lo abbraccio forte. Lui mi stringe, mi guarda negli occhi “ho un sacco di regali, per il tuo compleanno, ci penso io a te.” e mi riabbraccia nuovamente, facendomi fare una piroetta.

In sottofondo una canzone di Capossela.

Oh, si. Ottobre, tu sei proprio il mio preferito.

Settembre 2.0

Agosto pieno di mare, di grotte, di mostri malvagi e di eroi buoni chiude i battenti, lasciandomi tra le braccia di Settembre, dolce come i fichi e fresco come l’autunno.

Settembre mi carica di lavoro, di cose da fare, ma sa compensare con regali inaspettati e abbracci sicuri. Settembre, con la sua camicia rossa e blu mi sorride, mentre riempie la mia casa di persone nuove e belle, di calore, di persone collaudate e di serenità. Mentre io non me ne accorgo, come un carpentiere, butta le basi per il nuovo autunno.

Così mi affaccio alla finestra aspettando che la montagna diventi rossa e gialla, il gatto mi passa sotto il mento sul davanzale, l’aria è fresca.

Com’è buono il profumo dell’autunno.

Equivoci fotovoltaici

Lui era matto. Matto di quelli belli. Quel tipo di matto che si lascia guidare, perchè lo sa che è matto. Un matto di quelli che attraggono e che lo sanno, ma per cui non è sempre stato così e se lo ricordano. Faceva l’artista, non specificherò che tipo di artista fosse, non ha importanza. Lui era un Artista a tutto tondo. Ed era fico. Occhi enormi verde acqua, capelli mossi scuri, labbra del dio dei baci.

Eravamo conoscenti social da un bel po’, in seguito ad un evento che lo vide protagonista, mi aggiunse su fb. Poi instagram. Qualche like, nulla di più. Quasi un anno dopo lo sognai. Sì, sognai un perfetto sconosciuto. Fu talmente strano che mi venne naturale dirglielo. Iniziammo una chat estremamente brillante, che non si fermò nemmeno quando lui disse “vado ad un concerto con IL MIO FIDANZATO”.  Pensai che fosse molto bella la naturalezza del suo essere innamorato di un uomo. La chat si stoppò per un periodo, un periodo per me faticoso, altrettanto per lui, tanto da non sentirci. Poi una domenica brillò il telefono. Il simpatico Artista mi bussava dallo schermo. Gli raccontai dei miei pretendenti, che mi inseguivano in quel periodo e che annoiata rifuggivo, gli chiesi di vedersi quel martedì, lo avrei raggiunto dopo la palestra, mi piaceva, volevo assolutamente conoscerlo fuori dal social, nella realtà.

Quel martedì però iniziarono ad accavallarsi problemi lavorativi. Persone. Cose. Dovetti contattarlo per rimandare. Immantinente chiese allora di vedersi il giorno dopo. Ricordo distintamente che mi chiesi se questo fidanzato abitasse fuori zona, vista la disponibilità ad incontrarmi. Per caso domandai: “ma l’ho sognato o hai detto di essere fidanzato?

“Io sono single da due anni.”

Ripercorsi la nostra chat a ritroso. Gli avevo detto di tutto. Lui intendeva “il suo fidanzato” come il suo migliore amico, forte di una sua eterosessualità che, per chi non ci aveva mai parlato, era praticamente impossibile da scorgere. Gli avevo detto veramente di tutto, risposi anche alle sue domande più maliziose con estrema naturalezza e ora mi ritrovavo con un appuntamento che non volevo. Vibra il telefono. Un video. Lui, che mi fa vedere se stesso e le colline dove sta correndo. Un calore mi salì dallo stomaco fino alla radice del capello, sgranai gli occhi. PER NIENTE MALE QUA IL RAGAZZO. Bello come il sole, sorridente, scazzato. E MATTO. E io stavo per presentarmi all’appuntamento in tuta dopo la palestra. Tanto era gay. La fortuna era dalla mia, per una volta.

Ci vedemmo, parlammo, mangiammo, parlammo. Mi baciò, bene. Mi baciò bene fino a mattina. Ci salutammo, ma ci rivedemmo svariate volte. Il sesso era una gioia, sempre diverso, sempre vario, sempre allegro. Ero attratta da lui per questo suo essere qualcosa che lasciava appena intravedere, per quello che la fragilità di uno sguardo o la sincerità di una carezza urlano nonostante ciò che si dà a vedere. Ero curiosa di quello che c’era da scoprire. E lui lo era di me. Ci tuffammo, giocammo sott’acqua ma pure sopra. Adoravo spostargli i capelli dagli occhi e scoprirli così pieni di munificienza. Adorava accarezzarmi le gambe e fare disegni con le dita sulla mia pelle.

Come tutte le volte non lo rividi mai più, perchè le vita è questa, perchè è tutto in ciclo, perchè va bene così.

Un giorno aprimmo gli occhi e ci svegliammo da quel sogno.

Suona la sveglia. Apro gli occhi. Ma pensa tu chi sono andata a sognare. Quasi quasi glielo scrivo.

Flash tutto sommato è un supereroe

Avevo appena 25 anni, ho sempre avuto l’attitutidine ai toy boy, infatti, quella sera dovevo vedere un 22enne. Non ero granchè convinta, anche perchè per raggiungere l’oggetto del mio desiderio (?!?) dovevo fare più di quaranta minuti di macchina. Mi faceva profondamente fatica, ma poi, non poteva venire lui? Ma siccome era un periodo di magra sessuale, pensai di non essere nella posizione di tirarmela. Pensai che alla fine un po’ di sana salsiccia non mi avrebbe fatto male. Per cui mi misi in auto, con l’idea di tornare presto.
Lui non era questo granchè, ma da una rapida liaison, lasciata a metà tempo addietro, sapevo che era ben messo, che poi era l’unico motivo per cui avrei affrontato quei quaranta minuti di auto e musica di mercoledì.
Arrivai nel parcheggio dell’appuntamento alle 21 spaccate, mi infilai nella sua scomodissima auto e come un gatto mi zompò addosso. “niente male, proprio niente male” pensai durante i preliminari spinti, “ci siamo, mi levo qualche soddisfazione, sisi, bravo proprio così. Oh ci siamo” entrò dentro di me, con una gran bella soddisfazione iniziai a lasciarmi andare, iniziai ad ascoltare il mio corpo, che, in festa, stava cominciando a divertirsi sul serio.

“AH.OTTIMO -.-”

Dunque:è vero che volevo tornare presto, ma così era decisamente troppo presto. Due minuti. Due. La durata dell’atto sessuale fu più breve di una canzone di Tenco.
Iniziò a scusarsi, a dire che non sapeva proprio come poteva essere successo -certo, come no- che gli dispiaceva -beh, almeno datti da fare diversamente- quando squillò il suo telefono. Sua madre. “non allarmarti tesoro” iniziai a tirare su gli slip “siamo al pronto soccorso perchè tuo padre urina sangue” iniziai ad allacciare i pantaloni “cerca di venire, ma vedrai non sarà grave” scossi i capelli e misi il rossetto.
“Sarà il caso che tu vada. Io torno verso casa, oh, fammi sapere eh, ma vedrai che saranno calcoli ai reni”.
“E se è un tumore?”
“Ma no, stai tranquillo.”
Scesi dall’auto. Rimontai sulla mia. Accesi la radio. Quaranta minuti dopo ero a casa. Imprecai. Andai a letto.

Erano calcoli ai reni.
Non lo vidi mai più.

A.A.A

Mi piace quello. Ma mi piace un sacco.
Da qui segue quasi sempre un selvaggio stalking sul profilo fb, su whatsapp, su instagram. Guarda ha fatto questo, guarda è andato li, guarda ha scritto quello. Ora gli scrivo, non mi ha risposto, controllo, ha letto, non ha letto, visualizza e non risponde: OHHH! Calmi!
Non ci rendiamo conto che ne diventiamo dipendenti, ancora prima di entrare in contatto realmente con quella persona. La comunicazione distorta a cui siamo abituati diventa una totale dipendeza, non tanto dalla persona, ma dalla comunicazione stessa. Lo trovo drammatico. L’ho fatto e quando mi sono resa conto di farlo mi sono sentita una dipendenza addosso. Poi l’ho analizzata e mi sono accorta che nemmeno mi importava di Lui ma bensì che Lui mi rispondesse. È una sottile differenza, ma credo sia fondamentale.
Oggi conosciamo le persone prima on line che di presenza. Iniziamo un rapporto con il loro modo di scrivere di pubblicare, di fare foto. E spesso questo periodo dura più del necessario. Ci creiamo un’immagine di quella persona che magari è solo apparenza, magari è realtà, magari si, magari no. Ma iniziamo a creare storie su questa persona, iniziamo a immaginare. Scusate e la realtà?
Mentre ci imparanoiamo nel “OHMIODIO NON MI SCRIVE, MA È ON LINE OPPURE NO?” e giù a cercare su ogni social, perdiamo di vista una cosa stupida e semplice: vedersi.
Ora, forse qualcuno obietterà che Lui (o Lei) è molto impegnato e non può proprio trovare il tempo, per questo ci sentiamo per sms, ma mi ha scritto ed è una cosa buona, no? NO. Ragazzi non lo è. Se una persona non trova il tempo per noi, va lasciata stare, anche perchè come potrete confermare voi stessi dallo stalking selvaggio, la persona in questione trova il tempo per fare molte altre cose. E scrivere un messaggio non è trovare del tempo. Ma abbiamo chattato tutto il pomeriggio. E perchè non vi siete visti? Perchè si continua a rimanere nell’irreale? Facile. Perchè non vogliamo metterci in gioco o sbilanciarci. Ovviamente sto parlando dei rapporti in nascita, sono una fan delle chattate dure, a patto che siano con persone con cui mi vedo anche. Usciamo a mangiare un boccone, a prendere un caffè, a ballare, a fare una passeggiata. Poi si chatta. Cambiando l’ordine degli addendi il risultato cambia eccome.

Quindi, ciao, sono Sandra e sono 29 giorni che non cado nella dipendenza. Non sono sicura che non ci ricadrò. Ma per il momento ho guardato il problema e mi pare proprio che il primo passo per affrontare un problema sia proprio ammettere di avere un problema.